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Post Terremoto: presentazione delle aziende il 15 giugno a Rieti

Il progetto “Posterremoto” che sostiene le aziende dell’agroalimentare vi invita a conoscere i produttori dei territori colpiti dal sisma, venerdi 15 giugno a Le Tre Porte di Rieti

Venerdì 15 giugno alle ore 18 presso il locale “Le Tre Porte” di Rieti (via della Verdura 21/25) sarà presentato il progetto “Posterremoto“, promosso dall’Associazione Postribù Onlus , che punta al sostegno dei produttori terremotati delle aree del “cratere” con particolare attenzione ad Amatrice, Accumoli e zone limitrofe. Continua a leggere Post Terremoto: presentazione delle aziende il 15 giugno a Rieti

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Progetto Posterremoto: a due anni dal sisma di Amatrice sosteniamo le aziende colpite dal terremoto

A due anni dal sisma del 2016, grazie al supporto di moltissimi donatori e al contributo della Caritas Diocesana di Rieti nell’ambito del bando Ripartiamo Insieme, il progetto Posterremoto è in una nuova fase di aggregazione di aziende e di sviluppo di una filiera corta dell’agroalimentare e del turismo solidale basati sulla sostenibilità.

Per saperne di più visita il sito www.posterremoto.it

SOS Amatrice: Ripartire dall’economia reale e sostenibile

Chi e cosa sostenere? Un punto di vista locale

Lettera aperta a tutti i gruppi di acquisto solidale italiani

Cari amici,

siamo l’associazione Postribù di Rieti, e da anni gestiamo un gruppo di acquisto solidale oltre a numerosi progetti sulla sostenibilità ambientale e sociale.

Dopo il terremoto che ha sconvolto Amatrice e altri comuni tra Lazio, Umbria e Marche, ci siamo mobilitati per dare un supporto alla gente colpita, e parallelamente, anche grazie all’impulso venuto da tutte le vostre chiamate (in cui chiedevate quali produttori sostenere) abbiamo potuto approfondire da vicino l’economia dell’amatriciano, o meglio dire quel che resta, raccogliendo le storie di tantissime persone.

In un susseguirsi di amatriciane solidali, collette, raccolte fondi pro terremotati, passerelle mediatiche più o meno mastodontiche, prima di ipotizzare qualsiasi tipo di progetto, volevamo avere una mappatura quanto più precisa del tessuto economico locale prima del terremoto da confrontare con ciò che ne rimane oggi: chi ancora lavora, chi produce, cosa produce. Tutti questi dati siamo andati a recuperarli sul campo: viaggiando di frazione in frazione, chiedendo a chi è rimasto, incontrando allevatori e piccoli imprenditori scampati alla tragedia e che cercano di rimettersi in piedi.

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Il sole dopo il temporale

Ieri 9 settembre 2016 io e Giordana siamo andate a fare attività di animazione con i bambini nel campo tende di Scai, frazione di Amatrice, dove attualmente vivono circa 70 persone. Durante il temporale che c’è stato nel pomeriggio, Azzurra, di 4 anni, ha guardato le nuvole e poi ha dipinto il disegno che vedete sopra.
“Ho disegnato il sole, perché così ritorna, dopo il temporale”
E il temporale, in effetti, è finito dopo non molto.
Un grande messaggio di positività e di speranza, che abbiamo visto come una metafora da riferirsi a qualcosa di più grande e profondo.

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Post Terremoto

Il terremoto delle 3 e 36 che ha colpito Amatrice (RI), Accumoli (RI), Arquata e Pescara del Tronto (AP)

Dopo gli eventi catastrofici che alle 3:36 del 24 agosto 2016 hanno colpito la zona di Amatrice e tutti i comuni e frazioni limitrofe, la nostra associazione si è impegnata nell’offrire un supporto sul posto a tutti i terremotati, monitorando e cercando di soddisfare tempestivamente i bisogni che emergono giorno dopo giorno e che spesso non trovano risposta attraverso i canali ‘istituzionali’ o ‘centralizzati’.

Come ci siamo attivati

Ci siamo anche impegnati per ragionare e proporre in un secondo tempo, passata la situazione di imminente emergenza, progetti a lungo termine di ricostruzione del tessuto economico e sociale ad oggi fortemente messo alla prova. Ma prima di riuscire a proporre qualcosa di tangibile abbiamo bisogno di avere una mappatura chiara, come ad esempio sapere quante sono le aziende ancora in piedi, quali sono i loro bisogni e che cosa si può fare per non far morire i borghi colpiti, oltre alla ricostruzione fisica e alla messa in sicurezza delle abitazioni, che impiegherà molto tempo.

Al momento le nostre attività sul posto si coordinano con il Centro Servizi per il Volontariato di Rieti ed altre associazioni di volontariato, con gruppi locali di Protezione Civile che gestiscono dei campi sfollati nell’amatriciano, e con associazioni fuori regione che anche loro sono sul territorio per dare una mano, come Action Aid e il Comitato 3e32 de L’Aquila.

Informazioni in tempo reale

Per non disperdere le informazioni e avere un punto di riferimento costantemente aggiornato, vi rimandiamo al sito www.terremotocentroitalia.info e al gruppo facebook TerremotoCentroItalia , sia per essere aggiornati sia per comunicare informazioni a riguardo.

Cercheremo anche di tenere aggiornato il nostro sito con le ultime news o bollettini sulla nostra attività sul campo, che puoi trovare qui.

Sindrome Giapponese

Una descrizione di quanto accaduto sinora nella centrale di Fukushima è disponibile a questo link
http://www.martinbuber.eu/energia/documenti/giappone_tre.pdf

“Il terremoto che ha devastato il Giappone ha colpito anche le sue centrali nucleari, in particolare gli impianti nucleari di Fukushima Daiichi e Daini, il primo usualmente definito come Impianto di Fukushima n.1, mentre il secondo come n.2.
In questa breve nota cercheremo di riassumere sinteticamente quanto è successo sinora, consapevoli della difficoltà nel reperire informazioni, districandoci nella lunga serie di comunicati, spesso contradditori emessi dalla Società elettrica Tokyo Electric Power Company (Tepco), dalla stessa Agenzia Atomica Internazionale, dal Japan Atomic Industrial Forum, dall’World Nuclear News e dal Nuclear Energy Institute.”

L’Aquila, legge di iniziativa popolare

In questi mesi tante donne e altrettanti uomini dell’Aquila hanno provato a riprendersi il loro futuro e il loro territorio. L’hanno fatto in mille modi: manifestazioni a L’Aquila, manifestazioni a Roma sotto i palazzi sotto i palazzi del potere, attraverso un lungo percorso attraversato da assemblee cittadine, proposte progettuali e azioni concrete. Continua a leggere L’Aquila, legge di iniziativa popolare

Il 20 novembre continua a camminare…

L’AQUILA – Son passati pochi giorni dal 20 di novembre. Sembra già tanto. Questi sono stati i giorni e le ore passati a produrre video, diffondere foto, cercare, nel nostro piccolo e con in nostri strumenti, di diffondere quanto era successo sabato nella nostra città ignorato dai media nazionali.
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Continua a leggere Il 20 novembre continua a camminare…

SOS L’Aquila chiama Italia …

Le contestazioni a L’Aquila per la visita di Berlusconi il 9 Novembre 2010

da guardare fino alla fine. e da notare il trattamento che ogni volta riceviamo.
e questa volta dal questore in persona che ha deciso di concentrarsi lui stesso sulle ragazze….

SOS L’AQUILA CHIAMA ITALIA
– 20 NOVEMBRE 2010 – ore 14.00 – L’AQUILA – MANIFESTAZIONE NAZIONALE

Scarica e diffondi i materiali Continua a leggere SOS L’Aquila chiama Italia …

L’Aquila chiama Italia

Scriviamo a tutte quelle persone, i movimenti, le associazioni, i collettivi che in questi 14 mesi di esistenza del nostro comitato e di un movimento spontaneo e dal basso che a L’Aquila prova a resistere, ci sono stati vicini e solidali, diffondendo le nostre denunce, sostenendoci, venendo qui nella nostra città a conoscere la realtà in cui viviamo.
Vi scriviamo perché, ancora una volta, abbiamo bisogno di tutti voi. Continua a leggere L’Aquila chiama Italia

LE SPA FANNO MALE

Palazzo Chigi Spa

Alberto Puliafito

[29 Gennaio 2010] CARTA

Il vero retroscena della nascente Protezione civile servizi Spa è il premierato forte. Sarebbe l’escamotage per una sorta di riforma costituzionale camuffata, portata avanti con un decreto legge e senza dibattito parlamentare. L’allarme è partito il 23 dicembre a L’Aquila. Continua a leggere LE SPA FANNO MALE

Cancella il debito di Haiti

Nonostante il terremoto, Haiti è sotto il peso schiacciante di un “debito dei dittatori” accumulato anni fa. Firma la petizione per azzerare il debito di Haiti e Avaaz e i suoi partner la consegneranno al Fondo Monetario Internazionale e ai ministri delle finanze chiave la prossima settimana :

FIRMA LA PETIZIONE

E sconvolgente: anche se stanno arrivando aiuti ad Haiti per soccorrere la popolazione disperata, in realtà questo denaro si sta utilizzando in gran parte per ripagare l’enorme debito del Paese. Continua a leggere Cancella il debito di Haiti

Ancora dall’inferno delle tendopoli

ANCORA DALL’INFERNO DELLE TENDOPOLI

Freddo di notte, caldo di giorno, un caldo sfibrante, soprattutto per i 120 sfollati di Colle Sassa, rimasti senza acqua, senza poter bere e lavarsi per 2 giorni, fino a quando non hanno protestato e minacciato querele.
Freddo di notte, caldo di giorno. Nelle cuccette e nelle tende alla mattina non si può più stare:
manca l’aria e il termometro sale ad oltre 30°. Il microclima, il sovraffollamento, le scarse condizioni igieniche e i tardivi controlli sugli alimenti e la gestione della cucina nei campi favoriscono la diffusione di malattie infettive e parassitarie. 50 casi di gastroenterite nel solo campo di piazza d’armi in un solo giorno e i malati vengono tenuti in isolamento
nelle tende.
Un caso accertato di tubercolosi nel campo di Pizzoli, ma le prime notizie apparse su televideo parlavano di 5 malati di tubercolosi all’Aquila. Di una cosa sicuramente siamo tutti malati, la disinformazione.
La protezione civile promette condizionatori e doppi teli per proteggersi dal sole, ma intanto si aspettano ancora lavabi in prossimità dei cessi chimici e i medici asseriscono che: “per prendere una diarrea basta aprire la porta del bagno chimico e poi non lavarsi le mani”.
Sapete cosa ha risposto la protezione civile ad uno sfollato disoccupato che chiedeva teli frangisole e frigoriferi per il campo? “Vedi di farteli regalare da qualcuno, noi non ne abbiamo!”
Fa caldo, troppo caldo nelle tende, i bambini, gli anziani, i malati costretti all’isolamento non riusciranno a superare l’estate e l’ospedale da campo non è in grado di fronteggiare l’emergenza. Nonostante i climatizzatori, nelle tende dell’ospedale la temperatura supera i 30° e i ricoverati, di cui una trentina di anziani allettati nelle tende di medicina interna, aspettano i rifornimenti di integratori salini contro il caldo.
Per andare al bagno, chi può alzarsi dal letto deve uscire dalla tenda per raggiungere i cessi chimici e durante il percorso rischia di inciampare in un’altra minaccia, le vipere. Ma non è tutto: dal 20 maggio, per una settimana, sono sospesi gli esami per i pazienti ambulatoriali e ricoverati per liberare le aree dove verrà montato l’ospedale da campo del G8.
Questo maledetto G8, che già da ora rende ancora piùinvivibile, con la sua invadenza militare e finanziaria le condizioni degli sfollati aquilani. Un G8 che sottrae e sottrarrà alla rinascita della città risorse urbanistiche ed economiche preziose.
L’ennesima beffa e provocazione a danno dei terremotati abruzzesi.

Un G8 per il quale verranno sperperati 90 milioni di euro di denaro pubblico per stendere un tappeto rosso sotto i piedi degli 8 potenti della terra (sotto i piedi dei terremotati abruzzesi solo scosse e vipere), un G8 per il quale il governo si sta adoperando in tutta fretta per mettere in sicurezza da eventuali contestazioni gli 8 potenti della terra, nella roccaforte blindata e antisismica della caserma ”Vincenzo Giudice” (che potrebbe ospitare già da adesso 25.000 sfollati, o in alternativa la sede dell’universitàdell’Aquila), un G8 per il quale verranno sottratti agli sfollati altri 900mila euro per l’adeguamento dell’aeroporto di Preturo alle esigenze di mobilità e sicurezza degli 8 potenti della terra (alle proprie esigenze di sicurezza e di mobilità gli sfollati devono pensare da soli, senza intralciare le forze del disordine a difesa del G8 e della più alta concentrazione in Italia di depositi bancari, quale era l’Aquila sicuramente già prima del sisma del 6 aprile), un G8 per il quale già da ora il diritto alla mobilità, alla salute, al lavoro, alla casa, alla sicurezza dei
terremotati abruzzesi passa in secondo piano rispetto ai privilegi e all’arroganza dei potenti e dei governi.

Dal 6 aprile non abbiamo più diritto all’autogoverno, non abbiamo più diritti. I malati vengono spediti fuori dall’Abruzzo per essere curati e il personale medico, cosìcome anche quello dell’università, se può abbandona il
territorio. Qui non c’è più lavoro per gli aquilani, qui non c’è più neanche l’assistenza sanitaria minima, garantita prima del terremoto.
Gli operai comunali sono a braccia conserte e la breccia delle cave abruzzesi per i campi e per il G8 viene prelevata da ditte provenienti da Milano o Torino perché, dicono, le cave non sono sicure, come se le ditte di Milano o Torino conoscessero il territorio abruzzese meglio di chi ci vive da sempre.
La disoccupazione nel territorio aquilano, già molto elevata prima del terremoto, ora ha raggiunto livelli insopportabili per un tessuto sociale così profondamente diviso e sparpagliato tra un presente di tendopoli e alberghi-ghetto e un futuro di new town.

L’Aquila nacque dall’unione di 99 villaggi, che strinsero un patto per fuggire alle vessazioni dei baroni feudali e garantire a tutti stessi diritti civici e uso delle proprietà collettive, come boschi e pascoli. Ora questi campi, le future new town, riporteranno indietro l’orologio di questa città di almeno 8 secoli.
Fa caldo, troppo caldo nelle tendopoli e si muore di noia. Chi prima aveva un lavoro, seppur precario, ora non lo ha più e migliaia di famiglie non hanno più neanche un reddito su cui contare.
Né il governo centrale, né le amministrazioni locali si sono concretamente impegnati a far ripartire l’economia del territorio, privilegiando evidentemente speculazioni di interesse politico ed economico a discapito del tessuto umano.
I prodotti locali dell’agricoltura e dell’allevamento, inutilmente offerti alla protezione civile per il consumo nei campi, rimangono invenduti e devono essere distrutti. Sono le grosse catene di distribuzione e non i piccoli produttori indigeni a guadagnare dall’emergenza.
Nelle tendopoli gli sfollati non hanno certo diritto di scelta e, mentre nelle stalle abruzzesi i vitelli invecchiano e il latte deve essere gettato, nei campi la minestra è sempre quella del cibo in scatola o surgelato, di dubbia provenienza e inesistente genuinità, probabile concausa della recente epidemia di dissenteria.

I lavoratori aquilani sono costretti ad emigrare per trovare un lavoro, anche perché di fatto, gli enti locali sono stati commissariati. La popolazione, con il decreto 39 e relative ordinanze viene espropriata di ogni potere decisionale in merito al proprio destino, sia per quanto riguarda la fase dell’emergenza (impossibilità di autogestione nei campi della protezione civile e blocco degli aiuti da parte della stessa nei confronti dei campi autogestiti) sia per quanto riguarda quella della ricostruzione, per la quale il suddetto decreto, invece di privilegiare i lavoratori del posto, promette una giungla di subappalti ad imprese a partecipazione mafiosa e massonica, provenienti da altre zone d’Italia.

Non siamo un popolo di accattoni, vogliamo solo quel che ci spetta: il lavoro e la terra per ricominciare a sognare, per ricostruire le nostre case, per vivere con dignità, come abbiamo sempre fatto.
Ma qui ci impediscono di lavorare e si prendono la terra e presto si prenderanno anche tutte le nostre macerie, la nostra storia, i nostri ricordi, le prove della loro colpevolezza oltre che della nostra vita.
Si prendono tutto il nostro tempo: il tempo che ci vuole per aprire e chiudere una tenda della protezione civile ogni volta che si entra e che si esce (stimato in media di 20′), il tempo che ci vuole (ore, giorni o addirittura mesi senza risultati tangibili) per cercare di avere notizie o documenti dall’infernale macchina del DICOMAC (DIrezione di COMAndo e Controllo, l’organo di Coordinamento Nazionale delle strutture di Protezione Civile nell’area colpita) e di quel che è rimasto degli sportelli comunali, il tempo che ci vuole per cercare di chiamare, a un numero verde sempre occupato, un autobus per potersi spostare (ore e a volte giorni), il tempo che ci vuole per gli sfollati nella costa per aspettare un autobus che non arriverà mai.

L’Aquila è ormai una città assediata dalla burocrazia e dalla militarizzazione, blindatissima per il G8 ed ermetica alle concrete esigenze degli aquilani. Senza notizie e informazioni gli sfollati sono costretti a file sfibranti solo per lasciare il documento al  maresciallo di turno ed uscire insoddisfatti e sfiniti, pronti per un’altra fila presso un altro com o un altro ufficio.
Fa caldo, troppo caldo nelle tende e nelle file laceranti fuori dai COM e fuori dalle mense, dalle docce, dalle tende con gli aiuti. Il tempo,
scandito dalle esigenze di profitto dall’emergenza e non da quelle della ricostruzione del tessuto sociale, la convivenza forzata, la perdita totale di ogni frammento di intimità e di identità collettiva nei luoghi e nei tempi controllati dal disordine della protezione civile ed associazioni da essa accreditate, l’ozio forzato cui sono costretti gli sfollati cominciano a prendere forma nelle risse, nelle violenze alle donne e nella guerra tra poveri.
E mentre i carabinieri e i media minimizzano, per evitare che questa rabbia gli si rivolga contro il generale Bertolaso chiede aiuto
all’arcivescovo e ai preti: “la gente nelle tendopoli comincia a rumoreggiare, tocca anche ai sacerdoti veicolare messaggi distensivi per evitare rivolte popolari”.
Naturalmente in una situazione così”surriscaldata” l’appello ai parroci potrebbe non essere sufficiente e così il controllo governativo dei campi profughi si capillarizza in chiave autoritaria, oltre che con la militarizzazione dei campi stessi, anche con la  gerarchizzazione delle persone ivi ospitate.
Nelle tendopoli le uniche assemblee popolari consentite e incoraggiante, quando non direttamente indette dal capo-campo della protezione civile, come èsuccesso a piazza d’armi, sono quelle per simulare la libera elezione dei responsabili civili per la sicurezza, ossia i kapò. Un kapò per ogni etnia per meglio controllare ogni comunità, praticamente scelto dal capo-campo in cambio di condizioni privilegiate nella tendopoli stessa. Altro che Stato di diritto e di democrazia! I campi sono blindati: vietato introdurvi volantini
e macchine fotografiche, vietato importare ed esportare informazione e democrazia.

Eppure a piazza d’armi c’è un presidio fisso della rai che non trasmette nulla di ciò che accade lì, ad eccezione delle passerelle degli sciacalli politico-istituzionali. Oltre quei c Ma noi dobbiamo resistere, abbiamo il diritto-dovere di resistere, di partecipare al nostro presente e di essere protagonisti del nostro futuro.
Vogliono fare il G8 all’Aquila? Noi abbiamo il diritto-dovere di guastargli la festa prima che la festa la facciano a noi.
D’altronde se per luglio ci saranno ancora macerie le pietre non mancheranno!

NO AI CAMPI-LAGER!
NO AGLI ALBERGHI-GHETTO!
NO AL G8!

Per una rete di soccorso popolare
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HO VISTO L’AQUILA …

HO VISTO L’AQUILA
Lettera a mia moglie scritta ieri notte

Ho visto l’Aquila.
Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case distrutte, il gelo fra le rovine.
Cani randagi abbandonati al loro destino.
Un militare a fare da guardia ciascuno agli accessi alla zona rossa, quella off limits.
Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli.
Ho mangiato nell’unico posto aperto, dove vanno tutti, la gente, dai militari alla protezione civile.
Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i pomodori e gli affettati.
Siamo andati mentre dentro ad una tenda duecento persone stavano guardando Si Può
Fare.
Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, AnnaMaria, Franco e la sua donna.
Poi siamo tornati quando il film stava per finire.
La gente piangeva.
Avevo il microfono e mi hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia di Robby, se non
avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.
Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore.
Chi ha perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa.

Francesca stanno malissimo.
Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte, per CONTROLLARE.
Gli anziani stanno impazzendo. Gli hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve.
Gli hanno vietato persino vietato di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola ‘Cazzeggio’.
A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata.
Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno.

Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti dai militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8.
Ti rendi conto di cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di merda arriveranno coi loro elicotteri e le loro auto blindate? Lì???? Per entrare in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero
delinquenti, anche solo per poter salutare un amico o un parente.
Non hanno niente, gli serve tutto. Berlusconi ha rifiutato ogni aiuto internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da ginnastica.
Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L’ Aquila.

Poi c’è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno
fatto entrare qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto.
E’ come se avessero voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla.
Berlusconi si è presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio. Il ragazzo che me l’ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di pentole.
Qua i media dicono che lì va tutto benissimo. Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a qualche anziano, mi ha detto che quello che il governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente.
Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti lì è proprio non impazzire.
In tutto questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il  lavoro che non c’è più, tutto perduto.

Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perché i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera.
C’era un silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie.
E poi quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato lì. Ci voglio tornare.
Con quella luna gigantesca che mi guardava nella notte in fondo alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto buttarmi al tuo collo per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e fuori c’erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli ‘Assaggi, assaggi’. Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finché Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: ‘Non bisogna perdere le buone abitudini’.

Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
Anzi metto in rete questa mia lettera per te.
Andrea Gattinoni, 11 maggio notte.

Lettere dalle tendopoli abruzzesi

* Miserie umane e sovrumane virtu’… la mia testimonianza sul terremoto *

Ciao a tutti. Oggi è il 20 aprile 2009 . Per molti Abruzzesi lo sguardo è congelato all’alba del 6 aprile 2009 . Io, fisso il mio sull’ennesimo sorriso paterno e rassicurante del nostro Presidente del Consiglio, che campeggia sul paginone centrale de Il Centro, quotidiano locale e che ancora una volta (pure quando un minimo di decenza richiederebbe moderazione), fa sfoggio di capacità ed efficienza facendo grandi promesse nella speranza che si dimentichi il prima possibile (si sa gli italiani hanno memoria moooolto corta), che fino al 5 aprile nel meraviglioso piano casa che si intendeva vararare a imperitura soluzione della crisi economica, di norme antisismiche nemmeno l’ombra.

Vi scrivo da Colle di Roio (AQ) uno dei paesini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009.

*Il mio paese. *

Trovo molto difficile fare ordine nel turbinio di pensieri che mi gonfiano la testa, ma ci proverò. E scrivo questa nota perchè credo che solo uno strumento quale la rete permetta di conoscere altre verità, senza mediazioni se non dell’autore.

Il nostro campo è abitato da circa trecento persone, distribuite in una quarantina di tende. Tornati da una vacanza mai iniziata, assieme a Pierluigi, abbiamo cercato di dare un contributo alle attività di gestione della tendopoli che, nel frattempo, (era passata già una settimana dall’inaspettato evento), era andata sviluppandosi.

Come sapete non sono un tecnico, nè ho una qualche esperienza di gestione logistica e di personale in situazioni di emergenza e quanto vi racconto può essere viziato da uno stato di fragilità emotiva (immagino mi si potrà perdonare). Il fatto è, che a fronte di uno sforzo impagabile profuso da molte delle persone presenti nel nostro campo, (volontari della protezione civile, della croce verde/rossa, vigili del fuoco, forze di polizia etc…), inarrestabili fino allo sfinimento, ci siamo trovati, o sarebbe meglio dire ci siamo purtroppo imbattuti, nella struttura ufficiale della Protezione Civile stessa e nel suo sistema organizzativo.

La splendida macchina degli aiuti, per quanto ho visto io, poggia le sue solide e certamente antisismiche basi, sulle spalle e sulle palle dei volontari; il resto da’ l’impressione di drammatica improvvisazione. E non perchè non si sappia lavorare o non si abbiano strumenti e mezzi, ma semplicemente ed a mio parere, perchè si è follemente sottovalutato il problema fin dall’inizio.

Se vero che il terremoto non è prevedibile è altrettanto vero che tutte le scosse precedenti (circa trecento più o meno violente prima dell’inaspettato evento) dovevano rappresentare un serio monito. Perchè non è servito il fatto che due settimane prima del sisma alcuni palazzi presenti in via XX settembre a L’Aquila, poi miseramente sventrati, erano già stati transennati perchè le scosse che si erano susseguite fino a quel momento (la più alta di 4° grado, quindi poca cosa…) avevano fatto cadere parte degli intonaci e dei cornicioni…

Una persona minimamante intelligente, a capo di una struttura così grande quale la protezione civile, avrebbe dovuto schierare i propri uomini alle porte della città, come un esercito, pronto a qualsiasi evenienza. Ed invece mi trovo a dover raccontare: che le prime venti tende del nostro campo se le sono dovute montare i cittadini del paese (ancora stravolti del sisma), con l’aiuto di una manciata di instancabili volontari, che manca un coordinamento tra i singoli gruppi presenti, che la segreteria del campo (che cerchiamo di far funzionare), è rimasta attiva fino a ieri con un Pc portatile di proprietà di mia proprietà, acquistato “sia mai dovesse servire”, e con quello di un volontario; che siamo stati dotati di stampante e telefono ma per la linea Adsl (in Italia ancora uno strano coso…) stiamo ancora aspettando e quello che siamo riusciti a mettere in piedi è merito dell’intelligenza di qualche giovane del posto e dei suoi strumenti tecnici; che abbiamo dovuto chiamare chi disinfettasse e portasse via mucchi di vestiti perchè arrivati sporchi e non utilizzabili; che che fino dieci giorni dopo dal sisma avevamo un rubinetto per trecento persone, nessuna doccia, circa 20 bagni chimici e nessun tipo di riscaldamento per le tende.

Vi ricordo che in Abruzzo ed a L’Aquila in particolare la primavera fatica ad arrivare e che anche in queste notti la temperatura continua ad essere prossima prossima allo zero. Non ci si può quindi stupire che molte persone, la maggior parte delle quali anziane (e non tutte con la dentiera…..), cocciutamente ed in barba alle direttive che vietano di rientrare nelle case, contiunano a fare la spola dalla tenda al bagno di casa.

Potreste obbiettare che tutto sommato e visti i risultati raggiunti nel seguire più di quarantamila sfollati questi problemi sono inevitabili e bisogna solo avere pazienza. Condivido il ragionamento.

Quello che mi lascia stupito, che la gente non sa e che gli organi di informazione si guardano bene dal dire è che tutta la macchina si basa all’atto pratico, sulla volontà ed il cuore di persone che lasciano le loro case e le loro famiglie e che non pagate, cercano di ridare un minimo di dignità e conforto a chi, a partire dalla propria intimità, ha perso tutto o quasi. La protezione civile che molti immaginano (alla Bertolaso per intenderci) non esiste nei campi, almeno non nel nostro. I volontari si alternano, perchè obbligati ad andarsene dopo circa 7 giorni.

*Cosa comporta tutto questo?*

Che ogni settimana si vedono facce nuove con la necessità di ricominciare a conoscersi ed imparare a coordinarsi, che il capo campo cambia anche lui con gli altri e quindi può avere esperienza o meno, che spesso, ed è il nostro caso, la gestione di alcune attività è affidata ai terremotati perchè non viene inviato personale apposito, con inevitabili problemi, invidie acrimonie e litigate tra…poveri.

*Volete un esempio cristallino della disorganizzazione?*

La nostra psicologa, giunta al campo per propria cocciuta volontà, è rimasta anche lei solo una settimana. Vi immaginate quale può essere l’aiuto ed il sostegno che una persona addetta può dare e quale fiducia può risquotere per permettere alle persone di aprirsi, se cambia con cadenza domenicale??? A questo si aggiungano l’inesperienza di molte persone (spesso e per fortuna sconfitta dalla volontà di far bene) e le tristi e umilianti dimostrazioni di miseria umana che ci caratterizzano e che risultano ancora più indecenti ed inaccettabili in casi di emergenza.

*Qualcosa di buono però ragazzi l’ho imparato.*

Ho imparato che per la richiesta di materiale devo inviare un modulo apposito e che a firmare lo stesso non deve essere il capo campo, la cui responsabilità, fortuna sua, è solo quella di gestire trecento vite, trecento anime, più tutti coloro che ci aiutano dalla sera alla mattina, ma serve il visto del Sindaco, oppure del presidente di circoscrizione oppure di un loro delegato (pubblico ufficiale). Noi dopo aver speso due giorni per individuare chi dovesse firmare questi benedetti moduli, sappiamo che dobbiamo prendere la macchina e quando serve (ovviamente più volte al giorno), raggiungerlo al comune.

*Un’ultima noticina.*

Due giorni fa la Protezione civile si è riunita con gli esperti, ed ha ritenuto che non vi siano motivi di preoccupazione relativamente alle dighe abruzzesi (la terra trema ogni giorno). Ora ricordandomi che analoga sicurezza era stata espressa all’alba di una scossa di quarto grado e pochi giorni prima che il nostro inaspettato evento facesse trecento morti e azzerasse l’economia e la vita di migliaia di persone…..ho provveduto, poco elegantemente, ad eseguire il noto gesto scaramantico…..

*Però dei regali li ho ricevuti.*

Sono le lacrime di molte delle persone che hanno lavorato alla tendopoli, trattenute a stento nel momento dei saluti; sono le parole e gli sguardi dei vecchi del paese, che mescolano dignità e paura, coraggio e rassegnazione, senza mai un lamento.

*Un’altra cosa.*

Vi prego chiunque di voi possa, prenda il treno l’aereo o la macchina e si faccia un giro per L’Aquila e d’intorni. Le tendopoli non sono tutte come quelle a Collemaggio. Scoprirete il livello di falsità che viene profuso a piene mani dagli organi di comunicazione oramai supini e del livello di indecenza del ns presidente del consiglio che prima con lacrime alla cipolla e poi con sorrisi di plastica distribuisce garanzie e futuro a chi, vivendo in tenda e saggiando sulla pelle la situazione sa, che sono tutte palle.

I morti sono serviti subito per mostrarsi umano e vicino alle famiglie, ma ora è meglio dimenticarli in fretta..Via via..nessuna responsabilità, nessun dolo. I pm sono dei malvagi.. ricostruiamo in fretta.. forza la vità e bella, vedrete, tra un mese sarete tutti a casa… Conoscete i nomi delle famiglie che doveva ospitare nelle sue ville?

Le virtù umane travalicano gli eventi, le sue miserie non hanno confini.

Se volete vi prego fortemente di inviare questa mail a quanti vi sono amici. La stampa nazionale si è guardata bene dal pubblicarla.

Un saluto a tutti…

*Laura*

Emergenza Terremoto Abruzzo

abbiamo attivato un punto di raccolta per le popolazioni di Paganica e Pesco Maggiore con il Cesv/Spes di Rieti.
I generi di cui hanno fatto richiesta sono:
– pannolini per bambini
– assorbenti donna
– mutande e canotte donna-uomo-bambini-anziani (nuove)
– pigiami
– latte in polvere
– salviette detergenti intime
I punti di raccolta saranno:
  • Venerdì 10 Aprile tutto il giorno al banchetto Bonsai Aid Aids la raccolta fondi dell’Anlaids, organizzato dal Cesv che avrà luogo all’interno del Centro Commerciale Perseo
Chi non potesse in questi due appuntamenti può contattarci agli indirizzi:
bancadeltemporieti@gmail.com
o al num. 3471279187
Grazie Elisa
Associazione PosTribù Onlus