E’ questo, denunciano i palestinesi, il vero obiettivo dell’ordine di demolizione per 80 edifici palestinesi (abitati da 1.500 persone) del rione di Bustan (Silwan), reso pubblico nei giorni scorsi dal Comune di Gerusalemme. Si tratta del più ampio progetto di demolizione di abitazioni civili nella zona araba di Gerusalemme dall’inizio dell’occupazione nel 1967. Gran parte delle abitazioni minacciate di distruzione sono effettivamente prive dei permessi ma le mire dell’estrema destra israeliana e dei coloni in quella zona di Gerusalemme indicano che l’intenzione non è quella di porre termine agli abusi edilizi. «Molti di noi sono stati presi dal panico quando domenica scorsa hanno visto i tecnici del comune entrare nel nostro quartiere ed effettuare strane misurazioni. Poi sono state annunciate le demolizioni e ora quasi 1.500 persone rischiano di perdere tutto ciò che posseggono», ha raccontato Fakri Abu Diab, del «Comitato per la difesa di Silwan». Il «Parco archeologico di re David» non è progetto nuovo, così come le demolizioni, annunciate per la prima volta nel 2005 e poi congelate di fronte alle critiche internazionali.
A finanziarlo è la società Elad, «impresa immobiliare» vicina al movimento dei coloni impegnata ad acquisire (in ogni modo) il maggior numero di abitazioni a Silwan, un quartiere palestinese densamente popolato (oltre 40mila abitanti). Lo scopo è quello di riprendere il controllo – dopo 3mila anni – di un’area che, secondo la tradizione biblica, ospitò re David, e dove sono situati il Tunnel di Hezekiah, la Piscina di Siloam, la Sorgente di Gihon e il condotto di Warren usato da Joab per penetrare all’interno di Gerusalemme. Luoghi suggestivi citati a ripetizione dalle guide della Elad per giustificare, agli occhi dei turisti, la «riconquista» di Silwan.
A sostenere l’impresa dei coloni contribuisce anche l’archeologa Eilat Mazar, al lavoro da anni in quell’area, secondo la quale i reperti confermano, «senza ombra di dubbio», che re David aveva realmente il suo palazzo a Silwan. Una tesi che lascia freddi altri esperti israeliani come il professor Rafi Greenberg, dell’Università di Tel Aviv, che negli anni ’70 aveva scavato nell’area del parco archeologico. Nel 1998 la stessa Università Ebraica di Gerusalemme si era rivolta alla Corte Suprema per bloccare la Elad. Ma i coloni vanno avanti, sostenuti dal Comune, preoccupato di «far rispettare il piano regolatore».
L’annuncio delle demolizioni non ha scosso la determinazione delle famiglie palestinesi di opporsi alle ruspe. Sabato è prevista una giornata di mobilitazione a Silwan alla quale parteciperanno non solo gli abitanti ma anche gli attivisti israeliani che si battono contro la demolizione di case arabe a Gerusalemme.
di Michele Giorgio, su Il Manifesto del 25.02.2009