Il Movimento Nocoke Alto Lazio: stiamo preparando la battaglia legale per Civitavecchia.
Continua a leggere E dopo Porto Tolle, contro l’Enel anche Civitavecchia e l’alto Lazio
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Chissà cosa sarebbe stato dei Prestigiacomo senza la politica. Anni fa, le due donne della famiglia si sono divise per bene i ruoli. Stefania nei Palazzi e la sorella primogenita Maria Pia nei Consigli di amministrazione. Prima che la stella dell’attuale ministra dell’Ambiente cominciasse a brillare in Parlamento, le cose non è che andassero proprio benissimo alle aziende di casa. Continua a leggere I nuovi affari della famiglia Prestigiacomo
COMUNICATO STAMPA
Attac Roma e la Campagna per la riforma della Banca Mondiale hanno scoperto un nuovo paradiso fiscale.
Si trova a Roma, in via XX settembre.
E’ il Ministero dell’Economia, azionista di riferimento di ENI ed ENEL, che hanno decine di imprese registrate in Delaware, Lussemburgo, Panama, Bahamas e Bermuda.
“Sono immorali gli aiuti a chi opera nei paradisi fiscali” ha recentemente dichiarato il Ministro Tremonti.
Attac Roma e la Campagna per la riforma della Banca Mondiale sono d’accordo.
Per questo MERCOLEDI 1 APRILE dalle ore 9.00 saranno davanti al Ministero dell’Economia per denunciare il paradiso fiscale che lì si annida.
Come si conviene ad un paradiso fiscale, i partecipanti potranno usufruire di mare, spiaggia, comodissime sdraio ed esotici cocktails.
Per informazioni : Paola Carra (Attac Roma) tel. 3291545044
Andrea Baranes (Campagna per la riforma della Banca Mondiale) tel. 3396312613
L’Eni è in pole position per aggiudicarsi il contratto relativo allo sfruttamento del giacimento petrolifero di Nassiriya. Un campo petrolifero che, secondo le stime del ministero del petrolio iracheno, vanta riserve per circa 4,4 miliardi di barili, con un potenziale di produzione di almeno 300.000 barili al giorno. Una stima, quest’ultima, nettamente al di sotto della valutazione dell’amministratore delegato del gruppo petrolifero italiano, Paolo Scaroni, secondo il quale potrebbe raggiungere il milione di barili.
La conferma indiretta del prossimo buon esito della gara è venuta dal ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola, partito oggi per Bagdad. Scajola, in un’intervista al Giornale ha preannunciato che durante la sua permanenza in Iraq firmerà “un accordo che ci permetterà di avere in Italia un’altissima percentuale del petrolio estratto” in quel Paese. Un’intesa a livello governativo che potrebbe preludere alla prossima sigla del contratto anche da parte dell’Eni.
La scorsa settimana il ministero iracheno del petrolio aveva annunciato che il governo avrebbe finito di esaminare le offerte presentate dalle compagnie entro febbraio, per decidere a marzo a chi assegnare il contratto. In corsa per il giacimento di Nassiriya, nel sud dell’Iraq, nella provincia di Dhi Qar, sono solo tre compagnie petrolifere. Oltre all’ENI ci sono la giapponese Nippon Oil, e la spagnola Repsol. Si tratta di uno dei molti giacimenti iracheni già scoperti ma non ancora sfruttati.
L’amministratore delegato Paolo Scaroni, ospite di “Domenica in”, ha ribadito di nutrire “l’ambizione che l’Eni sara’ la prima compagnia internazionale che sbarca” in Iraq. “Mi auguro – ha detto – che questo avvenga nei prossimi mesi. La nuova frontiera che vogliamoaprire e’ l’Iraq. Un po’ la nuova mecca del petrolio”.
Il ministro ricorda che “siamo il secondo importatore di petrolio iracheno dopo gli Stati Uniti e le nostre imprese hanno gia’ siglato contratti nel settore delle perforazioni petrolifere, delle infrastrutture e della fornitura di trattori e altri grandi veicoli per un miliardo di cui quelli già esecutivi valgono 600 milioni”. L’Iraq, spiega ancora Scajola, “è il nostro terzo fornitore con una quota del 10-15%”.
“L’obiettivo è aumentare la partecipazione italiana alla ricostruzione dell’Iraq”, aggiunge dalle pagine del Corriere della Sera il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, spiega in un’intervista al Corriere della Sera, il motivo della sua visita odierna a Bagdad. Scajola sottolinea come in seguito alle recenti elezioni amministrative il Paese stia procedendo “verso la normalita’”. “Confidiamo di essere sempre piu’ coinvolti in grandi progetti – aggiunge – come il porto di Al Faw, da 4 miliardi di dollari, di cui alcune imprese italiane hanno già realizzato una parte della progettazione”.
Nell´anno 2008, i sette grandi gruppi padroni del mercato del greggio hanno guadagnato 171 miliardi di dollari netti. Fanno 470 milioni al giorno, il 14% più dell´anno prima. Che già era il 7% più del 2006, e il 6% sopra l´anno addietro. Il mondo vive la crisi più grave degli ultimi cinquant’anni, il livello di vita scende per milioni di persone, eserciti di disoccupati si preparano a riempire le nostre città, i poveri diventano sempre più poveri e il “ceto medio” precipita verso il basso. Milioni di persone pagano e poche migliaia riscuotono. Le poche migliaia di grandi azionisti delle sette grandi sorelle del petrolio invece brindano a champagne per l’ennesima (è la dodicesima consecutiva) annata da record. Una catena di record figli del rialzo del prezzo del greggio, passato alla roulette del mercato da da 50 a 100, poi fino al primato di 147 dollari al barile. Exxon Mobil, la statunitense che guida il plotone, ha guadagnato l´anno scorso 45,22 miliardi di dollari (+11%). I britannici della Shell si fermano ad un margine netto di 31,3 miliardi dollari, segue l´altra americana, la Chevron, che si accontenta di 24 miliardi di utili. L’altra inglese, la BP ha chiuso con un utile di 21,1 miliardi. La francese Total segue a 20,5 miliardi, poi Conoco Phillips (USA- Raffinazione) con 16,4 miliardi di utili e per chiudere l’italiana ENI con 12 miliardi di utili e una cedola agli azionisti di 1,30 euro per azione (Nelle casse dello stato, proprietario di poco più del 30%, finiranno 2 miliardi di Euro). E con la dozzina di miliardi (in dollari) dell’ENI si può abbozzare un superconsolidato delle major petrolifere che promette di restare insuperato per un pezzo. Nell´annata 2008 i sette grandi gruppi padroni del mercato del greggio hanno guadagnato 171 miliardi di dollari. Fanno 470 milioni al giorno, il 14% più dell´anno prima. Che già era il 7% più del 2006, e il 6% sopra l´anno addietro. Le major mantenendo gli stessi costi di estrazione hanno venduto circa gli stessi quantitativi di petrolio e affini ma a prezzi doppi, tripli durante questo drammatico, per noi, anno. Ma proprio il tonfo dei prezzi del barile, il più spettacolare che il petrolio prima abbia mai avuto con 110 dollari persi in sette mesi, dà ai bilanci dorati appena chiusi l´alone dell’”ultima volta”. Tutto il mondo è in recessione, la richiesta di petrolio che sosteneva il prezzo elevato del barile ne risulterà allentata per anni, la speculazione è morta o comunque si sente poco bene. Fine dei record quindi, ma ancora decine di miliardi di profitti davanti: il 2009 delle sette sorelle parte nel solco del quarto trimestre 2008, con profitti tesi a ridursi di un terzo, magari dimezzarsi. Difficilmente ci metteremo a piangere per loro .
m’illumino di meno, eni, nigeria
Anche questo 15 febbraio 2009 l’ENI ha sponsorizzato la campagna lanciata da Caterpillar e dalla trasmissione Rai Radio 2 per la giornata per il risparmio energetico. Permangono anche quest’ anno gli interrogativi già sollevati sulla trasparenza e sull’opportunità della sponsorizzazione e adesione dell’Eni alla campagna.
Interrogativi che concernono innanzitutto le attività dell’Eni. Li abbiamo sollevati anche durante tutto lo scorso anno riprendendoli dalle associazioni che ne sono stati promotrici. Si tratta, in primo luogo, delle attività dell’Eni in Nigeria e Kazakistan sulle quali la Fondazione Culturale Responsabilità Etica – nell’ambito della propria attività di “azionariato critico” – ha presentato un documento (in .pdf) all’Assemblea annuale dei soci dell’Eni dello scorso giugno.
“In Nigeria, l’Eni partecipa allo sfruttamento di diversi giacimenti petroliferi nella regione del Delta del Niger, dove il gas flaring, uno dei fenomeni più nocivi per l’ambiente e le popolazioni locali, è prassi” – spiegava il comunicato della Fondazione. Sul sito dell’Eni si legge che “i progetti di valorizzazione del gas prevedono l’eliminazione della pratica del flaring entro maggio 2012 in Congo ed entro il 2011 in Nigeria”. Considerando che in Nigeria questa pratica è illegale da quasi 25 anni e che l’Eni è attiva nel Delta del Niger dal 1962 la Fondazione Responsabilità Etica ha chiesto al CdA dell’Eni “quali garanzie e quali passi concreti l’azienda ha adottato per garantire la fine di ogni operazione di gas flaring nel più breve tempo possibile”.
Per quanto riguarda il Kazakistan – spiegava la Fondazione di Banca Etica – “l’Eni è l’operatore di Kashagan, il più grande giacimento non ancora esplorato scoperto negli ultimi trent’anni, e si occupa della costruzione degli impianti offshore e su terra e della gestione delle emissioni e dello stoccaggio dello zolfo”. La Fondazione evidenziava numerose criticità soprattutto sull’impatto sulla salute pubblica, sui i piani per lo stoccaggio dello zolfo e per la gestione delle emissioni e circa la valutazione di impatto ambientale. In definitiva la Fondazione Culturale Responsabilità Etica chiedeva al CdA dell’Eni di rispondere agli interrogativi di dimostrare come i progetti di Eni in Nigeria e Kazakistan “siano in linea con la Responsabilità Sociale d’Impresa della compagnia, e con le dichiarazioni e le campagne pubblicitarie sul risparmio energetico, a partire da “meno 30%”, che la compagnia conduce in Italia”. Interrogati ai quale non l’Eni no ha ancora dfato risposta mentre l’azienda continua la Campagna “Meno 30% dei consumi” il cui banner svetta – come detto – su tutte le pagine del sito “M’illumino di meno”.
Sono anche altri – evidenzia sempre la Fondazione Culturale Responsabilità Etica nel documento presentato agli azionisti dell’Eni (in .pdf si veda pg. 5) – “i progetti particolarmente critici o delicati, in particolare nel Sud del mondo, nei quali è coinvolta l’Eni o sue società controllate”. Solo riferendosi agli ultimi anni il documento cita “gli impatti sulla Foresta Amazzonica legati all’estrazione e alla costruzione di impianti per l’esportazione del gas verso i mercati internazionali di consumo, come ad esempio nel caso del gasdotto di Camisea II in Perù dove è impegnata la Saipem”; le istanze sollevate da numerose organizzazioni non governative legate alla realizzazione dell’Oleodotto Baku – Tbilisi –Cheyan (BTC), sul cui progetto è “ancora pendete un procedimento presso il Punto di Contatto Nazionale dell’OCSE, sul cui contenuto, peraltro confidenziale” la Fondazione ha invitato gli azionisti a chiedere eventuali informazioni al Cda dell’Eni”.
Per quanto riguarda l’attività dell’Eni in Italia, limitandoci qui a menzionare solo le questioni a cui abbiamo dato spazio sul nostro portale, va ricordata la vicenda della costruzione del ‘Centro Oli’ dell’Eni a Ortona che ha animato le proteste delle associazioni ambientaliste regionali le quali, dopo la sentenza del Tar dell’Aquila, hanno annunciato ricorso al Consiglio di Stato e che con numerosi Comuni si stanno opponendo alla costruzione del Centro; una vicenda che ha sollevato le preoccupazioni della Conferenza dei Vescovi di Abruzzo e Molise (CEAM) che ha emanato un documento (in. doc) nel quale richiama esplicitamente il problema del ‘Centro Oli’ dell’Eni. E sempre per quanto riguarda l’Abruzzo va ricordata anche la protesta per un pozzo petrolifero che l’Eni vuole costruire “ai confini tra la popolosa frazione pinetese di Mutignano e il Comune di Atri”.
Non ci interessa aprire una polemica sulle attività dell’Eni e nemmeno fare il bastian contrario dell’iniziativa “M’illumino di meno” promossa dalla trasmissione Caterpillar.
Intendiamo però presentare anche quest’anno alla redazione della testata radiofonica alcune domande che riguardano l’iniziativa: domande che vorremmo fossero oggetto dell’attenzione delle numerose associazioni che anche quest’anno hanno aderito all’iniziativa.
Nello specifico chiediamo Caterpillar di che tipo e di quale valore monetario è stata la sponsorizzazione dell’Eni in questi anni alla campagna “M’illumino di meno” e se tale sponsorizzazione è attiva anche quest’anno considerato il banner col logo dell’Eni che appare in tutte le pagine online della campagna.
In secondo luogo chiediamo alla redazione di Caterpillar di farci sapere se – assumendo una qual forma di sponsorizzazione e/o adesione dell’Eni – ha ritenuto opportuno far conoscere all’azienda le problematiche sociali e ambientali sollevate in questi anni da numerose campagne e recentemente riprese dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica nel documento presentato agli azionisti dell’Eni e – avendolo fatto – qual’è stata la risposta dell’azienda.
Infine, per il futuro, se Caterpillar intende assumere ancora una qual forma di sponsorizzazione e/o dar rilievo sul proprio sito a iniziative dell’Eni come quella del banner che appare quest’anno.
Sono domande semplici, ma necessarie, per non finire anche quest’oggi e nei prossimi anni a saltare sul carrozzone sponsorizzato Eni e domani ad invitare associazioni, Enti locali, Ong e movimenti a denunciarne l’operato in qualche remota regione del mondo.
Per parte nostra oggi – come sempre del resto – spegneremo le luci e dispositivi elettrici non indispensabili dalle ore 18, e invitiamo tutti gli amici a farlo inviando questo nostro articolo alla redazione di Caterpillar (caterpillar@rai.it e millumino@rai.it ) e alle associazioni aderenti o di cui ciascuno fa parte e ai propri amici.
Per approfondimenti