COMUNICATO STAMPA
Rieti, 21/07/2010
Il corpo di Daniel, di appena 22 anni, inginocchiato al suolo, come una persona in preghiera di fronte al suo Dio, appeso ad una quercia da esili stringhe di scarpe da tennis, protetto solo dall’ombra del fitto bosco. Così, nella solitudine di un caldissimo giorno d’estate un giovane eritreo ha deciso di restituire il suo corpo ed il suo insopportabile dolore a Dio. Un dolore che, nonostante l’affetto dei suoi amici rifugiati ed immigrati, non era riuscito a lenire per recuperare la speranza alla vita.
Oltre il 50% dei Rifugiati, a distanza di un anno dal loro arrivo, struttura forme di depressione anche grave. Su 90 richiedenti asilo nel territorio reatino, abbiamo avuto, nell’arco di un solo anno, il triste primato di 1 suicidio (il giovane Daniel) e di un tentato suicidio, che solo per un caso non si è trasformato in tragedia. Oggi a questa persona ad alto rischio psicologico, ad esempio, viene negato il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Occorre forse aspettare che termini precocemente la sua vita per piangerla ipocritamente dopo davanti alle telecamere, magari con la fascia di Sindaco o il grado di Prefetto?
Giovani uomini e giovani donne, tra i 20 ed i 30 anni, in fuga dai loro Paesi flagellati dalla guerra e dalla fame. Quelle armi assassine, sotto i cui colpi molti di questi ragazzi hanno visto cadere i loro familiari ed i loro amici, spesso firmate “mode in Italy” “Beretta”, “Otomelara”, “FIAT”, arrivano a loro, che pagano in petrolio e dollari, con operazioni finanziarie garantite dalle nostre civilissime “BANCHE”. Noi fomentiamo le loro guerre civili, sosteniamo i loro dittatori macellai, gli organizziamo gli eserciti privati ed a popolazioni che avrebbero un disperato bisogno di trivelle per i pozzi per l’acqua potabile e di trattori per coltivare la terra, scambiamo petrolio, diamanti, legname e tabacco con mitra, carri armati e bazooka.
E quando arrivano da noi i risultati delle loro tragiche guerre, giovani che tentano la fuga verso la libertà ed un futuro di speranza per loro e le loro famiglie in patria ? Se va bene, se non li abbiamo respinti “riaccompagnadoli “nell’accogliente Libia,” facciamo loro la “carità” per 6 mesi, dopo li “minacciamo” con tanto di poliziotti alla porta se non liberano gli appartamenti messi a loro disposizione, e se proprio non vogliono uscire, semplicemente perché non saprebbero dove andare, gli tagliamo luce, gas e riscaldamento, anche d’inverno.
…e questa la chiamiamo “accoglienza”…
Non ci premuriamo di trattare umanamente gli Italiani meno fortunati, … figuriamoci se ci facciamo scrupoli nei confronti degli “stranieri”.
Se va bene …, se va bene e se nel frattempo avranno resistito all’interminabile burocrazia, li assistiamo ancora per un po’, con Servizi sociali che usano quasi come unica arma, l’elargizione di piccole elemosine. Un assistenzialismo che spesso, anziché emanciparli, li deprime ancora di più.
Ci sono ancora alcuni ragazzi e persino donne, venuti nella nostra terra a rischio della propria vita per sfuggire alla guerra ed alla miseria, che vivono giorno per giorno una condizione di angoscia per la grave incertezza per il fatto che è stata loro respinto il riconoscimento di status di rifugiato politico o per ragioni umanitarie. “… Hanno rilasciato dichiarazioni contraddittorie …” c’è scritto sulle motivazioni, e per questo, rimpatriandoli nei loro Paesi, li riconsegniamo alla certezza della disperazione e della morte.
Nel contempo non ci facciamo mancare nulla, riusciamo a concepire “affari” –vedi caso Antrodoco- anche con criminali internazionali e macellai come GHEDDAFI, speculatore sulla pelle dei profughi e più volte condannato dalle inchieste delle organizzazioni umanitarie internazionali.
Ritenendo non solo disumano trattare in questo modo persone con l’unica colpa di provenire da Nazioni diverse dalla nostra, ma anche ingiusto sotto il profilo del diritto internazionale e sbagliato sotto il profilo sociale, invitiamo le Istituzioni preposte a protezione della popolazione più debole, a mettere finalmente in atto politiche di vera accoglienza che garantiscano ai meno fortunati i diritti fondamentali che sono il vero segno della civiltà di un popolo.
Cittadinanzattiva Rieti
Postribù Rieti